La XXXIII edizione dei giochi olimpici, che avrà luogo a Parigi dal 26 luglio all’11 agosto e sarà seguita dai giochi paralimpici, rappresenta un’occasione importante per promuovere l’immagine internazionale della Francia e dimostrare al mondo il potenziale organizzativo, economico e culturale del paese. La cerimonia organizzata l’8 maggio, per celebrare l’arrivo della fiamma olimpica sul suolo francese, mostra il livello di impegno che il governo di Parigi sta investendo nella riuscita di questo evento. La capitale francese si sta organizzando per ospitare 10.500 atleti olimpici provenienti da 206 paesi che prenderanno parte a 329 eventi, 4.400 atleti paralimpici che competeranno in 549 eventi, e circa 15 milioni di turisti che visiteranno la città in concomitanza con i giochi.
Oltre all’enorme investimento economico e allo sforzo logistico richiesto, le olimpiadi rappresentano soprattutto una delicata sfida sul piano della sicurezza, che vedrà schierati circa 20.000 soldati e 40.000 agenti di polizia, i quali avranno il compito di scongiurare attentati terroristici che potrebbero essere favoriti dalla situazione di conflitto in Medio Oriente. La politica internazionale entrerà inoltre direttamente nel contesto dei giochi, in quanto sarà impedito sia alla Russia che alla Bielorussia di prendere parte ufficialmente alla manifestazione sportiva – per via dell’invasione lanciata dal regime di Vladimir Putin contro l’Ucraina e a causa del sostegno da parte del governo bielorusso alla guerra di aggressione scatenata dalla Russia.
Allo stesso tempo è interessante notare come non tutti i francesi siano entusiasti di ospitare i giochi. Una quota sostanziale dei residenti di Parigi vede le olimpiadi come un disagio e sta considerando l’idea di assentarsi dalla città per la durata delle Olimpiadi. Questo dualismo – tra grandi ambizioni ed eccellenti capacità organizzative da una parte e dubbi e scarso entusiasmo dall’altra – incarna in maniera molto efficace alcune delle contraddizioni che caratterizzano la Francia di oggi e, in particolare, la relazione fra i francesi e il loro attuale presidente, Emmanuel Macron.
Fin dai tempi del suo primo mandato presidenziale, Macron ha improntato la sua visione politica sull’idea che la Francia debba svolgere un ruolo di primo piano nella difesa e nel rilancio del processo di integrazione europea. A questa ambizione si è, inoltre, affiancata la prospettiva di promuovere i valori liberali e un sistema internazionale multipolare, rendendo la Francia una “potenza mediatrice” in grado di dialogare con le grandi potenze mondiali e mediare nei conflitti che – dall’Ucraina all’Indopacifico, passando per il Medio Oriente – dilaniano la scena politica internazionale. Alcune recenti iniziative intraprese da Macron riflettono piuttosto chiaramente questa visione.
Lo scorso 24 aprile, il presidente francese è tornato alla Sorbona – dove nel 2017 aveva tenuto un importante discorso sul processo di integrazione europea – per enunciare un nuovo “discorso sull’Europa” e ribadire l’ambizione di costruire un’Europa “sovrana, unita e democratica”, dotata di una potenza militare integrata e di una politica industriale comune – un’Europa in grado di rispondere autonomamente a sfide di sicurezza come la guerra di aggressione russa contro l’Ucraina e di interagire su un piano di uguaglianza con giganti economici e politici globali come gli Stati Uniti e la Cina. Macron ha inoltre espresso la ferma volontà di negare alla Russia la possibilità di trarre qualsiasi vantaggio dall’invasione dell’Ucraina e ha più volte espresso il parere secondo cui i paesi occidentali dovrebbero considerare la possibilità di inviare soldati in Ucraina nel caso in cui il governo di Kiev si trovasse in una situazione militare particolarmente insostenibile. Lo scorso 5 maggio ha poi accolto il suo omologo cinese, Xi Jinping, in Francia per una visita di due giorni. I due leader hanno finalizzato alcuni contratti commerciali e finanziari fra Francia e Cina e hanno invocato una “tregua mondiale” che dovrebbe coincidere con la durata dei giochi olimpici. Macron ha anche ritenuto utile invitare Xi Jinping a passare una giornata in una località turistica dei Pirenei molto cara al presidente francese, al fine di stabilire una relazione personale più solida. La Francia ha inoltre espresso sostegno per il lavoro della Corte penale internazionale in relazione alle polemiche nate a riguardo della decisione del procuratore Karim Khan di chiedere un mandato di arresto per i leader di Hamas Mohammed Deif e Yahya Sinwar e per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant.
Nonostante lo status internazionale della Francia – che ha un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite e un arsenale atomico e la quale , insieme alla Gran Bretagna, rappresenta una delle due maggiori potenze militari europee – e il fatto che il paese costituisca la settima potenza economica mondiale, la sua capacità di influire sul contesto internazionale non sembra corrispondere alla visione espressa da Macron. Il recente discorso sull’Europa – per quanto interessante e di ampio respiro – sembra essere il frutto di un’iniziativa personale del presidente francese piuttosto che un progetto coordinato con altri leader europei, e può anche essere interpretato come uno sforzo di affermare una narrazione politica interna alternativa a quella del Rassemblement National di Marine Le Pen in vista delle elezioni del giugno 2024. Anche il proposito di un intervento militare diretto da parte dell’Occidente in Ucraina non sembra essere stato espresso a seguito di consultazioni con i principali alleati di Parigi, e non ha destato alcun entusiasmo nelle altre capitali occidentali. L’influenza internazionale della Francia ha inoltre subito un duro colpo per via del mancato successo degli sforzi del governo di Parigi volti a portare stabilità nella fascia occidentale del Sahel, una regione dell’Africa in cui la Francia ha tradizionalmente giocato un ruolo dominante, prima come potenza coloniale e poi come partner degli Stati sorti a seguito della decolonizzazione. Dopo un decennio di interventi militari volti a contenere la minaccia jihadista e promuovere la democrazia in paesi come il Mali, il Burkina Faso e il Niger, sia la Francia che altri paesi occidentali – come gli Stati Uniti – hanno concluso che gli obiettivi non potevano essere realizzati e hanno deciso di liquidare la loro presenza, lasciando alla Russia la possibilità di estendere la propria influenza nella regione, soprattutto attraverso le attività dei mercenari dell’Africa Corps, già noti come Gruppo Wagner.
Macron si trova inoltre in serie difficoltà anche sul piano della politica interna. Pur avendo vinto le elezioni presidenziali nel 2022, il presidente non gode di una chiara maggioranza parlamentare. Tra il 2023 e l’inizio del 2024, l’economia francese ha conosciuto una crescita superiore a quella della Germania, ma di poco inferiore a quella dell’Italia. Macron ha inoltre iniziato il suo secondo mandato presidenziale con una controversa e impopolare riforma del sistema pensionistico, che ha causato forti manifestazioni di piazza ed è stata passata con enorme fatica e senza un’effettiva maggioranza parlamentare. La scorsa estate la Francia è stata inoltre scossa dalla tragica morte di un minorenne, ucciso da un agente di polizia dopo essere stato fermato alla guida di un’auto – un evento controverso che ha scatenato ondate di rabbia e di proteste nel paese, e lo scorso dicembre il governo francese ha ottenuto il passaggio di una discussa legge sull’immigrazione grazie ai voti della destra populista guidata da Marine Le Pen. Il paese è stato poi recentemente scosso dalla notizia della fuga di un detenuto durante un trasferimento, un avvenimento che ha portato alla morte di un agente della polizia penitenziaria. Al momento in cui questo testo viene scritto, il governo di Parigi si trova inoltre a dover fronteggiare una grave crisi in Nuova Caledonia, un territorio d’oltremare situato nel sud dell’Oceano Pacifico che fa parte dello Stato francese. In questo caso la crisi – che ha generato scontri e ha causato sei morti, diversi feriti e ingenti danni materiali- è degenerata per via della decisione di attuare una riforma del corpo elettorale che ridurrebbe il peso delle popolazioni che tradizionalmente hanno abitato il territorio.
Questa serie di controversie e di decisioni impopolari può aiutare a capire come mai l’indice di gradimento dell’opinione pubblica francese nei confronti di Macron sia attualmente molto basso. Solo il 30% dei francesi approva infatti l’operato del presidente. Il Rassemblement National di Marine Le Pen è al momento in testa ai sondaggi relativi alle intenzioni di voto in vista delle elezioni per il Parlamento europeo di giugno, con il 32% delle preferenze – quasi il doppio rispetto al 17% di Ensemble, la coalizione che sostiene Macron – mentre nei sondaggi nazionali il movimento del presidente è superato sia dalla destra populista di Le Pen che dalla Nouvelle union populaire écologique et sociale (Nupes), una coalizione populista di sinistra fondata da Jean Luc Mélenchon.
La Francia che si appresta ad ospitare i giochi olimpici e ad essere al centro dei riflettori dei media internazionali tra luglio e agosto si conferma come un paese con enormi potenzialità, una statura solida e una capacità di articolare una visione strategica e di lungo periodo che pochi paesi in Europa possono eguagliare, ma che non sempre si traduce in un’azione coerente e capace di attirare il sostegno dei partner di Parigi. Allo stesso tempo, i francesi si trovano ad affrontare delle sfide economiche e sociali molto serie e il rapporto con il loro presidente non sta attraversando una fase particolarmente rosea. Mancano solo due mesi all’inizio delle olimpiadi, ma per Macron saranno due mesi particolarmente impegnativi e delicati, tanto sul piano della politica interna quanto a livello europeo e internazionale.
Diego Pagliarulo